Por Selma Berrezouga
Il 50 per cento dei sudcoreani ha più di 65 anni, vive con
la metà del reddito medio nazionale e spesso ha tagliato i ponti con i figli.
Per mantenersi alcune pensionate si prostituiscono.
Queste donne e i loro clienti offrono uno sguardo sul lato
oscuro della rapida crescita economica della Corea del Sud e sull’erosione dei
rapporti tradizionali tra genitori e figli. Mentre una classe media sempre più
competitiva guarda avanti verso nuovi obiettivi, molte persone anziane e povere
vengono lasciate indietro e devono cavarsela da sole. Nonostante la crescita
impressionante seguita alla guerra di Corea (1950-1953), molte sudcoreane da
giovani non hanno avuto lo stesso livello d’istruzione o le stesse opportunità
di lavoro degli uomini. Vedove, divorziate o abbandonate dai figli, alcune si
ritrovano senza una rete di protezione sociale e sono costrette a prostituirsi
con anziani in cerca di sesso o di compagnia.
Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 nel solo quartiere
di Jongno c’erano fra le 300 e le 400 “Signore Bacchus”, chiamate così per la
famosa bibita energetica che vendono, secondo quanto riferisce Lee Hosun, che
insegna all’università Soongsil di Seoul. Dopo la retata della polizia ne sono
rimaste circa 200, tra i 60 e i 70 anni, e una ventina staziona davanti al
cinema Piccadilly. Ma il fenomeno riguarda tutto il paese. La prostituzione è
illegale in Corea del Sud, e i quartieri a luci rosse sono scomparsi con la
riqualificazione urbana. “So che non dovrei farlo”, dice l’anziana, “ma nessuno
può costringermi a morire di fame invece di venire qui”. Ha cominciato vendendo
bibite Bacchus una ventina d’anni fa. Dopo un paio d’anni ha deciso di
prostituirsi. Lei e il marito vivono con il figlio e la sua famiglia, e
dipendono in parte da sussidi statali.
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