lunes, 26 de octubre de 2015

COREA DEL SUD

Por Selma Berrezouga


Il 50 per cento dei sudcoreani ha più di 65 anni, vive con la metà del reddito medio nazionale e spesso ha tagliato i ponti con i figli. Per mantenersi alcune pensionate si prostituiscono.
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Queste donne e i loro clienti offrono uno sguardo sul lato oscuro della rapida crescita economica della Corea del Sud e sull’erosione dei rapporti tradizionali tra genitori e figli. Mentre una classe media sempre più competitiva guarda avanti verso nuovi obiettivi, molte persone anziane e povere vengono lasciate indietro e devono cavarsela da sole. Nonostante la crescita impressionante seguita alla guerra di Corea (1950-1953), molte sudcoreane da giovani non hanno avuto lo stesso livello d’istruzione o le stesse opportunità di lavoro degli uomini. Vedove, divorziate o abbandonate dai figli, alcune si ritrovano senza una rete di protezione sociale e sono costrette a prostituirsi con anziani in cerca di sesso o di compagnia.

Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 nel solo quartiere di Jongno c’erano fra le 300 e le 400 “Signore Bacchus”, chiamate così per la famosa bibita energetica che vendono, secondo quanto riferisce Lee Hosun, che insegna all’università Soongsil di Seoul. Dopo la retata della polizia ne sono rimaste circa 200, tra i 60 e i 70 anni, e una ventina staziona davanti al cinema Piccadilly. Ma il fenomeno riguarda tutto il paese. La prostituzione è illegale in Corea del Sud, e i quartieri a luci rosse sono scomparsi con la riqualificazione urbana. “So che non dovrei farlo”, dice l’anziana, “ma nessuno può costringermi a morire di fame invece di venire qui”. Ha cominciato vendendo bibite Bacchus una ventina d’anni fa. Dopo un paio d’anni ha deciso di prostituirsi. Lei e il marito vivono con il figlio e la sua famiglia, e dipendono in parte da sussidi statali.

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